
Apixaban vs ASA per la prevenzione dell’ictus in persone con fibrillazione atriale subclinica
Pubblicata un’analisi di sottogruppo dello studio ARTESiA su soggetti con una storia di ictus o TIA
In soggetti con fibrillazione atriale (FA) subclinica e anamnesi di ictus o attacco ischemico transitorio (TIA), il trattamento con l’anticoagulante orale ad azione diretta apixaban è associato a una riduzione del rischio assoluto di ictus o embolia sistemica del 7% nell’arco di 3,5 anni, rispetto a una riduzione del rischio assoluto dell’1% per i soggetti senza anamnesi di ictus o attacco ischemico transitorio. È quanto si legge su “Lancet Neurology” nelle conclusioni di un articolo firmato da Ashkan Shoamanesh, della McMaster University a Hamilton, in Canada e colleghi che riportano i risultati di un’analisi di sottogruppi dello studio ARTESiA.
ARTESiA è uno studio randomizzato controllato, in doppio cieco, condotto in 247 siti in 16 Paesi in Europa e Nord America. Adulti di età pari o superiore a 55 anni con FA subclinica rilevata da dispositivo di durata compresa tra 6 minuti e 24 ore e un punteggio CHA2DS2-VASc pari o superiore a 3 sono stati assegnati in modo casuale, utilizzando un sistema interattivo basato sul web, ad apixaban orale 5 mg due volte al giorno o ad ASA orale 81 mg una volta al giorno. L’esito primario di efficacia era l’ictus o l’embolia sistemica, mentre l’esito primario di sicurezza era il sanguinamento maggiore, valutato come differenza di rischio assoluto. L’analisi di sottogruppo prespecificata riguardava i soggetti con una storia di ictus o TIA.
Tra il 7 maggio 2015 e il 30 luglio 2021, 4.012 persone con FA subclinica sono state randomizzate ad apixaban (N= 2.015) o ASA (N= 1.997). Una storia di ictus o TIA era presente in 346 (8,6%) partecipanti (172 assegnati ad apixaban e 174 ad ASA), tra i quali il tasso annuale di ictus o embolia sistemica è stato dell’1,20% (N= 7; IC al 95%: 0,48-2,48) con apixaban contro il 3,14% (N= 18; IC al 95%: 1,86-4,96) con ASA; (hazard ratio [HR]: 0,40, IC al 95%: 0,17-0,95). Nei partecipanti senza anamnesi di ictus o TIA (N= 3.666; 1.843 assegnati ad apixaban e 1.823 ad ASA), il tasso annuale di ictus o embolia sistemica è stato dello 0,74% (N= 48; IC al 95%: 0,55-0,98) con apixaban contro l’1,07% (N= 68; IC al 95%: 0,83-1,36) con ASA (HR: 0,69; IC al 95%: 0,48-1,00).
La differenza di rischio assoluto nell’incidenza di ictus o embolia sistemica a 3,5 anni di follow-up è stata del 7% (IC al 95%: 2-12) nei partecipanti con una storia di ictus o TIA rispetto all’1% (IC al 95%: 0,3) nei partecipanti senza pregressi eventi cerebrovascolari. Il tasso annuale di emorragie maggiori nei partecipanti con una storia di ictus o TIA è stato del 2,26% con apixaban (N= 13; IC al 95%: 1,21-3,87) rispetto all’1,16% con ASA (N= 7; da 0,47-2,39; HR: 1,94; IC al 95%: 0,77-4,87).
La differenza di rischio assoluto di eventi emorragici maggiori a 3,5 anni è stata del 3% (IC al 95%: da -1 a 8) nei soggetti con una storia di ictus o TIA contro l’1% (IC al 95%: da -1 a 2) in quelli senza storia di ictus o attacco ischemico transitorio.
Sulla base di questi risultati, spiegano i ricercatori, apixaban potrebbe essere preso in considerazione per la prevenzione secondaria dell’ictus nelle persone con fibrillazione atriale subclinica e una storia di ictus o TIA.