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sangue laboratorio

NfL come nuovo paradigma nella gestione della SM silente

Una delle sfide più insidiose nella gestione della sclerosi multipla (SM) è rappresentata dai pazienti che, pur risultando clinicamente e radiologicamente stabili, manifestano attività di malattia a livello biologico. Questo stato, definito “apparente stabilità”, può sfuggire agli strumenti diagnostici tradizionali ma rivelarsi determinante nell’evoluzione della malattia.

In tale contesto, i neurofilamenti a catena leggera (NfL), proteine rilasciate nel circolo ematico in seguito a danno neuro-assonale, stanno emergendo come biomarcatori sierici affidabili per l’identificazione precoce dell’attività subclinica nella SM.

Per favorire l’adozione di questo biomarcatore nella pratica clinica quotidiana, Novartis, in collaborazione con Synlab, ha avviato un programma di lettura centralizzata che coinvolgerà fino a 50 centri SM in Italia. Ogni centro potrà analizzare 40 campioni di sangue, offrendo ai neurologi un’opportunità concreta di acquisire esperienza diretta sull’utilizzo dei NfL, ottimizzare la gestione dei pazienti e contribuire alla definizione di percorsi terapeutici più avanzati e personalizzati.

Diego Centonze, professore ordinario di Neurologia all’Università di Roma Tor Vergata e direttore dell’Unità di Neurologia dell’IRCCS Neuromed, sottolinea che:

l’identificazione tempestiva del paziente con stabilità solo apparente grazie alla misurazione dei neurofilamenti plasmatici ci permette di anticipare le scelte terapeutiche e adottare, fin da subito, trattamenti di alta efficacia mirati a un miglior controllo della malattia anche nel lungo periodo. Integrare questo biomarcatore nella pratica clinica significa compiere un vero cambio di paradigma: passare da un approccio reattivo, basato sulla comparsa di segni clinici o radiologici, a un modello proattivo, incentrato sull’identificazione precoce del rischio e sulla personalizzazione dinamica del trattamento”.

Le terapie ad alta efficacia, ampiamente validate da studi clinici ed evidenze di real-world, si sono dimostrate efficaci nel ridurre i livelli di NfL nel sangue, contenere l’attività infiammatoria e rallentare la progressione della disabilità.

È fondamentale, tuttavia, che il dosaggio dei NfL non venga interpretato in modo isolato. Come ha sottolineato il prof. Centonze:

solo attraverso una valutazione combinata con la risonanza magnetica e l’osservazione clinica è possibile garantire un controllo più efficace della malattia. In questo processo, il coinvolgimento attivo del paziente è centrale: incoraggiarlo a segnalare anche sintomi lievi contribuisce a una presa in carico più consapevole, partecipata e tempestiva della SM”.

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico