Usare l’EEG quantitativo per valutare il Parkinson
Da una metanalisi emergono biomarker per la gravità dei sintomi non motori
I biomarker per la gravità dei sintomi non motori della malattia di Parkinson possono essere misurati in modo attendibile ed economico usando l’elettroencefalogramma (EEG) quantitativo. Lo afferma un nuovo studio recentemente pubblicato sulla rivista Neurology da Victor Geraedts, dell’Università di Amsterdam, nel Paesi Bassi, e colleghi. Si tratta di una revisione sistematica di 36 studi, 23 dei quali avevano considerato i problemi cognitivi, 13 la funzionalità motoria, 7 la risposta all’intervento e 10 con altri risultati.
Dalla revisione è emerso che gli studi trasversali hanno rivelato che il rallentamento dei ritmi cerebrali all’EEG era correlato a un ampio deterioramento e a una compromissione globale delle facoltà cognitive. Gli studi longitudinali hanno invece rilevato che un rallentamento dell’EEG, indicato da una ridotta frequenza dominante e una maggiore potenza del ritmo theta, può essere un biomarcatore del declino cognitivo individuale. Un altro risultato significativo è che gli individui con funzione cognitiva normale avevano ritmi rilevati all’EEG significativamente più veloci di quelli con malattia di Parkinson e demenza. Non mancano però le criticità: alcune correlazioni emerse, per esempio, variavano a seconda dello strumento di misura utilizzato nello studio. I ricercatori hanno anche trovato risultati incoerenti per la disfunzione motoria e il relativo trattamento, mentre altri studi longitudinali erano di bassa qualità.
Gli autori dello studio concludono che l’EEG quantitativo fornisce misure a basso costo, affidabili e ampiamente disponibili che potrebbero fungere da biomarker per la gravità dei sintomi non motori della malattia di Parkinson, potenzialmente utile per una diagnosi precoce, una prognosi più affidabile e un monitoraggio obiettivo della progressione, sia nel contesto di pratica clinica sia negli studi clinici.