
Sicurezza ed efficacia a lungo termine di gantenerumab nella malattia di Alzheimer ereditaria dominante
L’estensione in aperto dello studio multicentrico DIAN-TU ha mostrato benefici clinici solo con la rimozione completa dell’amiloide a lungo termine
Il Dominantly Inherited Alzheimer Network Trials Unit (DIAN-TU) è uno studio di piattaforma in corso che valuta la sicurezza e l’efficacia di più prodotti in sperimentazione in partecipanti con malattia di Alzheimer ereditaria dominante (DIAD). Sulla base dei risultati della rimozione dell’amiloide e degli effetti biologici a valle osservati nel gruppo gantenerumab dello studio piattaforma, è stato condotto uno studio di estensione in aperto (OLE) di tre anni per valutare la sicurezza e l’efficacia del trattamento a lungo termine con dosi elevate di gantenerumab.
Lo studio randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco, di fase 2/3 a bracci multipli denominato DIAN-TU-001 ha valutato solanezumab o gantenerumab rispetto al placebo in partecipanti che avevano un’età compresa tra 15 anni prima e 10 anni dopo la data stimata per l’insorgenza dei sintomi e che avevano un punteggio globale Clinical Dementia Rating (CDR) da 0 (cognitivamente normale) a 1 (demenza lieve). Questo studio è stato seguito da uno studio OLE sul trattamento con gantenerumab, condotto in 18 siti di studio in Australia, Canada, Francia, Irlanda, Porto Rico, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.
Per l’inclusione nell’OLE, i partecipanti a rischio di DIAD avevano partecipato al periodo in doppio cieco di DIAN-TU-001 e dovevano conoscere il loro stato mutazionale.
Sono state valutate dosi crescenti di gantenerumab sottocutaneo fino a 1.500 mg ogni 2 settimane. A causa della mancanza di un percorso regolatorio per gantenerumab, lo studio è stato interrotto precocemente dopo un’analisi intermedia prespecificata (quando la maggior parte dei partecipanti aveva completato 2 anni di trattamento) della misura clinica CDR-Sum of Boxes (CDR-SB).
L’esito primario per l’analisi finale era la misura della placca amiloide 11C-Pittsburgh compound-B con tomografia a emissione di positroni (PiB-PET) con rapporto standardizzato del valore di captazione (PiB-PET SUVR) a 3 anni, valutata nel gruppo intention-to-treat modificato (mITT; definito come partecipanti che hanno ricevuto qualsiasi trattamento con gantenerumab dopo il basale di OLE, che hanno avuto almeno una valutazione PiB-PET SUVR prima del trattamento con gantenerumab e una valutazione post-basale). Tutti i partecipanti che hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio nell’OLE sono stati inclusi nell’analisi di sicurezza.
Dei 74 partecipanti reclutati nello studio OLE tra il 3 giugno 2020 e il 22 aprile 2021, 73 sono stati arruolati e hanno ricevuto il trattamento con gantenerumab; 47 (64%) hanno interrotto la somministrazione a causa dell’interruzione anticipata dello studio da parte dello sponsor e 13 (18%) hanno interrotto prematuramente lo studio per altri motivi; 13 persone hanno completato 3 anni di trattamento. Il gruppo mITT per l’analisi primaria comprendeva 55 partecipanti.
All’analisi intermedia, l’hazard ratio per il declino clinico della CDR-SB nei portatori asintomatici di mutazioni è stato di 0,79 (N= 53; IC al 95%: 0,47-1,32) per i partecipanti che sono stati trattati con gantenerumab nel periodo in doppio cieco o in OLE (Any Gant), e di 0,53 (N= 22; IC al 95%: 0,27-1,03) per i partecipanti che sono stati trattati con gantenerumab più a lungo (Longest Gant). All’analisi finale, la variazione media aggiustata dal basale dell’OLE all’anno 3 nel PiB-PET SUVR è stata di -0,71 SUVR (IC al 95%: da -0-88 a -0-53, p< 0,0001).
Le anomalie di imaging correlate all’amiloide (ARIA) si sono verificate nel 53% (39 su 73) dei partecipanti: il 47% (34 su 73) con microemorragie, il 30% (22 su 73) con edema e il 6% (5 su 73) associate a siderosi superficiale. Non si sono verificate macroemorragie associate al trattamento o decessi.
La rimozione parziale o a breve termine dell’amiloide non ha mostrato effetti clinici significativi. Tuttavia, la rimozione completa dell’amiloide a lungo termine ha potenzialmente ritardato l’insorgenza dei sintomi e la progressione della demenza.