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L’effetto della COVID-19 su una stroke unit italiana

Uno studio mostra un calo del 45% nei ricoveri

La pandemia di nuovo coronavirus ha catalizzato com’è noto le risorse sanitarie sulla cura dei pazienti infetti, a scapito non solo della normale attività ambulatoriale ma anche, purtroppo, degli interventi su patologie di una certa gravità.

Una volta avviata la cosiddetta Fase 2, i tempi sono maturi per capire come è cambiata l’assistenza medica negli ultimi mesi. In un articolo apparso sul “Journal of the Neurological Sciences”, Marcello Naccarato, dell’Ospedale universitario di Trieste, e colleghi mostrano che le misure eccezionali dovute al lockdown, nel periodo tra il 9 marzo e il 9 aprile 2020, hanno portato a una riduzione del 45% dei ricoveri totali in stroke unit rispetto allo stesso periodo del 2019, con una maggiore prevalenza di ictus gravi al momento del ricovero.

Si tratta di uno studio retrospettivo che ha incluso 16 adulti (età media 77 anni) ricoverati durante la pandemia COVID-19 con sintomi compatibili con l’ictus acuto, tutti negativi al SARS-CoV-2. Il percorso strutturato di emergenza per l’ictus acuto comprendeva aree separate del reparto di emergenza e delle stroke unit, insieme all’uso esteso e precoce di tamponi. Questo approccio ha permesso di offrire un trattamento di riperfusione efficace e tempestivo ai pazienti in cui questo intervento era indicato, proteggendo al contempo il personale e gli altri pazienti ricoverati dalle infezioni.

I ricercatori hanno confrontato le caratteristiche cliniche e gli outcome di questi pazienti con quelli di 29 pazienti (età media 78 anni) ricoverati presso l’unità nello stesso periodo del 2019. I gruppi sono risultati simili per quanto riguarda le caratteristiche demografiche e i sottotipi di ictus. Tuttavia, i ricercatori hanno sottolineato la notevole riduzione dei ricoveri totali. Inoltre, la prevalenza di ictus grave, definita da un punteggio maggiore di 10 sulla scala dell’ictus NIH, è stata più alta nella coorte del 2020 che in quella del 2019 (50% vs. 28%, rispettivamente). Infine, la durata media della degenza ospedaliera è stata più breve nell’era COVID-19 che nel 2019.

I ricercatori suggeriscono che la presentazione clinica più severa e la dimissione più precoce potrebbero essere la causa dei peggiori outcome funzionali riscontrati nella coorte più recente.

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.