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emorragia intracranica

Tempo di inversione dell’anticoagulazione ed esiti dopo emorragia intracranica

Il tempo di accesso al trattamento è associato a un miglioramento degli esiti nei pazienti con emorragia intracranica (ICH) associata ad anticoagulazione che ricevono interventi di inversione? È questo il quesito da cui sono partiti Kevin N. Sheth, della Yale University a New Haven, negli Stati Uniti, e colleghi per uno studio pubblicato sulla rivista “JAMA Neurology”.

Lo studio era motivato dal fatto che recentemente sono state sviluppate specifiche strategie di inversione dell’anticoagulazione, ma non è chiaro se nella pratica clinica vi sia un effetto del trattamento dipendente dal tempo per i tempi door-to-treatment (DTT). Shet e colleghi hanno cercato di verificare se il tempo DTT fosse correlato all’esito tra i pazienti con ICH associata ad anticoagulazione trattati con interventi di inversione. A questo scopo, hanno analizzato dati dell’American Heart Association, includendo pazienti con ICH che si sono presentati entro 24 ore dall’inizio dei sintomi in 465 ospedali statunitensi.

Su 9.492 pazienti con ICH associata ad anticoagulazione e stato di inversione documentato, 4.232 (44,6%) erano donne e l’età mediana era di 77 anni. Un totale di 7.469 soggetti (78,7%) ha ricevuto una terapia di inversione, tra cui 4.616 su 5.429 (85,0%) che assumevano warfarin e 2.856 su 4.069 (70,2%) che assumevano un anticoagulante orale non antagonista della vitamina K. Per i 5.224 pazienti che avevano ricevuto un intervento di inversione con tempi di flusso documentati, il tempo mediano di inizio-trattamento era di 232 minuti e il tempo mediano di DTT era di 82 minuti, con un tempo di DTT di 60 minuti o meno in 1.449 (27,7%).

Un tempo di DTT pari o inferiore a 60 minuti è risultato associato con una riduzione della mortalità e del trasferimento in hospice (odds ratio aggiustato: 0,82; IC al 95%: 0,69-0,99), ma in assenza di differenza nell’esito funzionale (cioè, un punteggio della scala Rankin modificata da 0 a 3; odds ratio aggiustato, 0,91; IC al 95%: 0,67-1,24). I fattori associati a un tempo di DTT di 60 minuti o meno includevano l’etnia caucasica, una pressione sanguigna sistolica più elevata e una minore gravità dell’ictus.

Secondo le conclusioni, l’inversione precoce dell’anticoagulazione è dunque risultata associata a una migliore sopravvivenza dei pazienti con ICH. Questi risultati supportano gli sforzi intensivi per accelerare la valutazione e il trattamento dei pazienti con questa forma devastante di ictus.

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico