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paziente anziano con demenza

I disturbi cognitivi preoccupano nove italiani su dieci

Perdita di autonomia, stigma e isolamento sociale, carico emotivo ed economico sul nucleo familiare: sono questi gli esiti dei disturbi cognitivi più temuti dagli italiani, secondo una nuova ricerca demoscopica, condotta dall’istituto di ricerche EMG Different per conto di Neopharmed Gentili e presentata recentemente a Milano, in occasione del mese dedicato alla malattia di Alzheimer.

Poca informazione sulle strategie di prevenzione

Più nello specifico, la quasi totalità del campione di intervistati (93%) ritiene necessaria una maggiore informazione sul tema delle demenze e giudica i disturbi cognitivi un grave problema per le famiglie e per la società (97%). A fronte di questa consapevolezza dell’impatto di queste condizioni, quasi la metà degli italiani (46%) non conosce le misure preventive che si possono mettere in atto per contrastare il declino cognitivo, e solo il 29% sa della possibilità di intervenire sul decorso della malattia con trattamenti adeguati.

Camillo Marra, presidente SINDem, Associazione autonoma aderente alla SIN per le demenze, in occasione della presentazione dello studio ha spiegato:

con l’aumento dell’aspettativa di vita, la demenza è destinata ad acquisire sempre più rilevanza: oggi ne soffre il 7% della popolazione over-60 e la percentuale sale al 30% negli over-85. Intervenire preventivamente nelle forme precliniche di demenza è cruciale per contrastare la progressione della malattia. È stato evidenziato che un intervento su tutti i fattori di rischio modificabili, tra i 40 e i 60 anni, potrebbe ridurre del 40% l’evoluzione del declino cognitivo lieve in demenza. Ciò vuol dire agire su fumo, alcol, sedentarietà, diabete, ipertensione, dislipidemie, ma anche sugli aspetti legati alla socialità. L’ipovisione e la perdita di udito non riconosciute in età adulta sono altri fattori di rischio da non sottovalutare. Ma la ‘vera’ prevenzione inizia sui banchi di scuola riducendo il tasso di abbandono scolastico per agire su un fattore chiave di protezione rappresentato dal livello culturale: più siamo istruiti, infatti, più siamo in grado di alimentare la riserva cognitiva per quando saremo anziani. Anche sul fronte terapeutico, più si interviene in fase precoce, anche limitatamente ai trattamenti oggi disponibili, meglio si riesce a modificare il decorso della malattia”.

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico