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sangue laboratorio

Alterazioni dei biomarcatori ematici di Alzheimer dopo arresto cardiaco

I livelli sanguigni di tau fosforilata (p-tau) e di beta amiloide sono promettenti biomarcatori periferici della malattia di Alzheimer. Tuttavia, non sono note le loro potenziali alterazioni dovute a meccanismi alternativi, come l’ipossia nei pazienti rianimati dopo arresto cardiaco.

Per approfondire la questione, Nicholas Ashton, dell’Università di Göteborg, in Svezia, e colleghi hanno condotto uno studio caso-controllo, prospettico con l’obiettivo di valutare se i livelli di p-tau, Aβ42 e Aβ40 e le loro variazioni nel tempo nel sangue dopo l’arresto cardiaco, in confronto ai marcatori di danno neurale neurofilamenti leggeri (NfL) e tau totale (t-tau), possano essere utilizzati per la prognosi neurologica dopo l’arresto cardiaco.

Lo studio sui pazienti dopo arresto cardiaco

Secondo quanto si legge su “JAMA Neurology”, gli autori hanno utilizzato i dati dello studio randomizzato Target Temperature Management After Out-of-Hospital Cardiac Arrest (TTM), includendo pazienti incoscienti con arresto cardiaco di presunta origine cardiaca tra l’11 novembre 2010 e il 10 gennaio 2013, provenienti da 29 siti internazionali.

Sono stati esaminati 717 partecipanti della coorte TTM: un sottogruppo iniziale di scoperta (N= 80) e un sottogruppo di validazione. Entrambi i sottogruppi erano equamente distribuiti per quanto riguarda gli esiti neurologici buoni e cattivi dopo l’arresto cardiaco.

Complessivamente, sono stati inclusi 717 partecipanti (137 [19,1%] donne e 580 uomini [80,9%]; età media [SD] 63,9 [13,5] anni) che hanno subito un arresto cardiaco extraospedaliero.

I cambiamenti nei biomarker di Alzheimer

Livelli di p-tau nel siero significativamente elevati sono stati osservati a 24 ore, 48 ore e 72 ore nei pazienti con arresto cardiaco con esito neurologico sfavorevole. L’entità e la prognosi del cambiamento erano maggiori a 24 ore (area sotto la curva caratteristica operativa del ricevitore [AUC], 0,96; IC 95% 0,95-0,97), simile a quella del NfL (AUC, 0,94; IC 95% 0,92-0,96). Tuttavia, nelle rilevazioni successive, i livelli di p-tau sono diminuiti e sono stati debolmente associati all’esito neurologico. Al contrario, NfL e t-tau hanno mantenuto un’elevata accuratezza diagnostica, anche 72 ore dopo l’arresto cardiaco. Le concentrazioni di Aβ42 e Aβ40 nel siero sono aumentate nel tempo nella maggior parte dei pazienti, ma sono state solo debolmente associate all’esito neurologico.

In conclusione, i biomarcatori ematici indicativi della patologia di AD hanno mostrato diverse dinamiche di cambiamento dopo l’arresto cardiaco. L’aumento di p-tau a 24 ore dall’arresto cardiaco suggerisce una rapida secrezione dal fluido interstiziale in seguito a un danno cerebrale ipossico-ischemico invece che un danno neuronale in corso come NfL o t-tau. Al contrario, gli aumenti ritardati dei peptidi Aβ dopo l’arresto cardiaco indicano l’attivazione dell’elaborazione amiloidogenica in risposta all’ischemia.

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico