Epilessia, la pandemia di Covid stimola l’uso della telemedicina
Aumenta il ricorso ai nuovi strumenti per seguire da remoto i pazienti epilettici
Quattro clinici su cinque, in un campione di epilettologi, neurologi e neuropsichiatri infantili, ha utilizzato strumenti di telemedicina quali video-consulti, app, e-portal e device per monitorare la salute e l’aderenza alle terapie prescritte dei propri pazienti affetti da epilessia durante la pandemia di Covid-19.
È quanto emerge da un’indagine internazionale pubblicata sulla rivista “Epilepsy&Behavior” da Mathieu Kuchenbuch, dell’Università di Parigi e colleghi di una collaborazione internazionale di cui ha fatto parte anche Gianluca d’Onofrio, dell’Università di Padova. Questi risultati, insieme ad altri, sono stati presentati nel corso del del simposio “Dall’esperienza all’evidenza clinica: alla scoperta di nuove sinergie”, promosso dalla società biofarmaceutica UCB Italia nell’ambito del 43° Congresso Nazionale della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE).
Trai tanti effetti negativi, sembra che il nuovo coronavirus abbia accelerato la diffusione dei canali di comunicazione virtuale per le attività cliniche, di formazione e nelle riunioni scientifiche, se è vero che alla fine dello scorso anno solo il 63,4% degli intervistati aveva già sperimentato almeno una volta i sistemi da remoto per l’assistenza clinica, mentre la percentuale di utenti di tali strumenti ha superato abbondantemente l’80% dopo l’inizio del lockdown. E i vantaggi sono evidenti sia per lo scambio di informazione tra gli specialisti sia per la raccolta di dati di real world tra i propri assistiti.
“Così come succede per altre malattie neurologiche croniche, l’epilessia non può essere ‘raccontata’ solo durante la visita presso il Centro: si tratta di una patologia imprevedibile perché tra una crisi e l’altra non ci sono sintomi premonitori e risulta quindi ancora più importante che l’auto-gestione da parte del paziente preveda, per esempio, un auto-monitoraggio attivo con diari elettronici sui vari device come smartphone, tablet o pc, e un monitoraggio passivo con dispositivi indossabili automatizzati per rilevare le crisi”, ha spiegato il prof. Oriano Mecarelli, Presidente della LICE. “Purtroppo, l’uso di tali strumenti nella pratica clinica rimane ancora molto limitato nel nostro Paese ed esistono significative barriere alla loro implementazione. Inoltre, è ancora prevalente l’abitudine all’uso di pratiche cliniche tradizionali con evidente ostacolo alla diffusione degli strumenti digitali”.