L’impatto globale dell’ictus e dei suoi fattori di rischio tra 1990 e 2021
Dal 1990 al 2021 l’impatto dell’ictus è aumentato, insieme al contributo di diversi fattori di rischio. È quanto emerge da un’analisi sistematica per il Global Burden of Disease Study 2021 pubblicata su “Lancet Neurology”.
Gli autori hanno stimato l’incidenza, la prevalenza, i decessi e i conteggi degli anni di vita aggiustati per la disabilità (DALY) e i tassi standardizzati per età per 100.000 persone all’anno per l’ictus nel complesso, l’ictus ischemico, l’emorragia intracerebrale e l’emorragia subaracnoidea, per 204 Paesi e territori dal 1990 al 2021.
Inoltre, hanno stimato l’impatto dell’ictus attribuibile a 23 fattori di rischio e a sei gruppi di rischio (inquinamento atmosferico, fumo di tabacco, rischi comportamentali dietetici, ambientali e metabolici) a livello globale e regionale (21 regioni GBD e quintili dell’Indice Socio-demografico [SDI]), utilizzando la metodologia GBD standard. Gli intervalli di incertezza (UI) al 95% per ogni singola stima futura sono stati ricavati dai percentili 2,5 e 97,5 delle distribuzioni generate dalla propagazione di 500 estrazioni attraverso la pipeline di calcolo multistadio.
Nel 2021, l’ictus è la terza causa di morte, con 7,3 milioni di decessi, pari al 10,7% di tutti i decessi, dopo la cardiopatia ischemica e il COVID-19, e la quarta causa più comune di DALY, con 160,5 milioni di DALY; pari al 5,6% di tutti i DALY.
A livello globale, l’ictus ischemico ha rappresentato il 65,3% degli ictus incidenti, l’emorragia intracerebrale il 28,8% e l’emorragia subaracnoidea il 5,8%. Si sono registrati aumenti sostanziali dei DALY attribuibili a un elevato BMI (88,2%), a un’elevata temperatura ambientale (72,4%), a elevata glicemia a digiuno (32,1%), a una dieta ricca di bevande zuccherate (23,4%), bassa attività fisica (11,3%), alta pressione sanguigna sistolica (6,7%), esposizione al piombo (6,5%) e dieta povera di acidi grassi polinsaturi omega-6 (5,3%).