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Parkinson, una protezione parziale per i soggetti fisicamente attivi

La correlazione sarebbe l’effetto di una maggiore riserva motoria

Uno stile di vita fisicamente attivo è associato a un rischio ridotto di insorgenza del morbo di Parkinson, secondo uno studio recentemente pubblicato sul “Journal of Parkinson’s Disease” da Tomas T. Olsson, dell’Ospedale Universitario di Skåne a Lund, in Svezia, e colleghi.

Si tratta di uno studio osservazionale prospettico, in cui sono stati coinvolti quasi 200mila cittadini svedesi che praticano lo di sci di fondo e che hanno partecipato alla Vasaloppet, una popolare gara sulla lunga distanza, valutati rispetto a un uguale numero di soggetti non sportivi, per 21 anni di follow-up (mediana di 10 anni).

I ricercatori hanno così scoperto che gli sciatori avevano una minore incidenza di malattia di Parkinson (hazard ratio: 0,71) rispetto ai non sciatori. Escludendo i casi di Parkinson entro i primi cinque anni dalla partecipazione alle gare, c’era ancora una tendenza per un rischio d’insorgenza di Parkinson più basso (hazard ratio: 0,80). Dopo 15 anni di follow-up, la prevalenza di malattia di Parkinson convergeva tra sciatori e non sciatori.

Secondo gli autori, ciò sarebbe coerente con l’ipotesi che i soggetti fisicamente attivi possano avere una maggiore riserva motoria, e che quindi un eventuale danno cerebrale da Parkinson possa tradursi in meno sintomi motori. Meno probabile invece che possa trattarsi di un effetto neuroprotettivo.

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.