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Sin 2018

XLIX Congresso SIN: La ricerca italiana protagonista

La neurologia italiana è pronta ad affrontare le sfide di una stagione di grandi cambiamenti. Le nuove terapie a disposizione stanno cambiando la storia naturale della malattia e le condizioni di vita di pazienti affetti da patologie croniche come la Sclerosi Multipla, la malattia di Parkinson, l’emicrania. Si aprono nuovi orizzonti per la comprensione della patogenesi di forme degenerative come il morbo di Alzheimer e le altre forme di demenza. In questo scenario sta profondamente mutando anche il ruolo del neurologo, sempre più impegnato nell’attività clinica e di gestione dei pazienti.

È il messaggio che arriva dal 49° Congresso della Società Italiana di Neurologia che si è concluso ieri a Roma.

  

 

Nei prossimi giorni il nostro sito pubblicherà le interviste ai protagonisti del congresso.

Di seguito una panoramica degli argomenti principali presentati nella conferenza stampa dagli specialisti.

Sclerosi multipla: novità dalla ricerca e progressi nella terapia

Gianluigi Mancardi, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova: “Continuano i progressi terapeutici nell’ambito della Sclerosi Multipla e oggi sono veramente molti i farmaci a disposizione nelle diverse fasi della malattia e nei singoli casi. Dalle terapie con anticorpi monoclonali,studiati utilizzando diversi schemi di somministrazione che, sostanzialmente, confermano la loro utilità a fronte di un accettabile profilo di sicurezza, alle terapie anti linfocitarie B molto efficaci nelle forme di SM a ricadute e remissioni ma anche nelle forme primariamente progressive,quando presenti segni clinici e strumentali di attività e di infiammazione. Buone notizie anche per le forme secondariamente progressive di malattia sulle quali sembrano essere attivi alcuni farmaci che agiscono sui recettori della sfingosina 1 fosfato. Nei casi particolarmente aggressivi della malattia, la terapia con trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche si confermano particolarmente efficaci.”

Malattia di Parkinson: innovazioni digitali per il Parkinson

Alfredo Berardelli, Presidente del Congresso e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze Umane presso La Sapienza Università di Roma: “Il futuro del trattamento della Malattia di Parkinson si fonda sull’innovazione digitale che sta portando a sistemi di telemonitoring con valutazione in remoto che consentono di controllare le variabilità infradiane di questa malattia riguardo voce, mobilità digitale, marcia, equilibrio e tempo di reazione, con il miglioramento sia della valutazione clinica sia di quella longitudinale della terapia con una continuità di cura che si avvale di piattaforme di teleriabilitazione in via di diffusione in tutto l’ambito neurologico. Nel prossimo futuro, la terapia farmacologica potrà offrire nuove prospettive grazie agli anticorpi monoclonali. Un altro importante cambiamento è legato alle scoperte di tipo fisiopatologico.

 

Il decadimento mentale: la diagnosi precoce e il nuovo approccio terapeutico

Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano dell’Università di Milano-Bicocca e Direttore della Clinica Neurologica presso l’Ospedale San Gerardo di Monza: “Secondo i dati del Global Impact of Dementia, nel 2050, con il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale, il numero di persone con diagnosi di demenza triplicherà, passando dagli attuali 46,8 milioni a 131,5 milioni. Non solo: ogni anno saranno 9,9 milioni i nuovi casi (1 ogni 3 secondi). In questo scenario, le sperimentazioni cliniche attuali sono rivolte alla prevenzione della malattia. Dati recenti indicano che, agendo nelle fasi iniziali declino della memoria chiamate “declino cognitivo lieve o Mild Cognitive Imparment (MCI)”, gli stessi farmaci potrebbero rallentare la progressione verso la demenza conclamata, perché si sono dimostrati efficaci nel bloccare i meccanismi biologici della malattia. Oggi tecniche diagnostiche come la Positron Emission Tomography (PET), permettono di stabilire un rischio di sviluppare la malattia di Alzheimerprima della comparsa di gravi deficit cognitivi e rendono quindi fattibile l’avvio di strategie terapeutiche preventive. Queste ultime sono basate su molecole che determinano una riduzione della produzione di beta-amiloide, il cui accumulo causa la malattia, con farmaci che bloccano gli enzimi che la producono (beta-secretasi) o, in alternativa, con anticorpi capaci addirittura di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado di penetrare nel cervello e rimuovere la proteina prima del pericoloso accumulo.

Cefalee: una rivoluzione nelle terapie del futuro

Fabio Frediani, Direttore U.O.C. Neurologia e Stroke Unit, Ospedale “San Carlo Borromeo” di Milano: “Grazie all’introduzione di nuove bioterapie specifiche stiamo per assistere a una svolta significativa per i pazienti emicranici. I nuovi farmaci sono anticorpi specifici che bloccano l’attività della CGRP, una proteina responsabile dell’esplosione dell’attacco emicranico, con un rapporto costi/benefici che non ha eguali nel panorama italiano: si caratterizzano per un’efficacia considerevole a fronte di un’ottima tollerabilità, con meno effetti collaterali del placebo. Inoltre, la modalità di somministrazione è completamente nuova: una sola iniezione al mese per tre mesi con una forte ricaduta sul miglioramento dell’aderenza alla terapia. L’OMS considera una delle peggiori malattie in termini di disabilità vissuta dal paziente giovane-adulto e si posiziona al 3° posto tra tutte; la sfida del futuro sarà quella di vincere questo disagio e abbattere questo primato.

Ictus ischemico: diagnostica avanzata e trattamenti in fase acuta

Danilo Toni, Associato in Neurologia, Direttore Unità di Trattamento Neurovascolare Policlinico Umberto I di Roma: “Le novità nell’ambito della patologia cerebrovascolare riguardano i trattamenti di riperfusione nella fase acuta dell’ictus ischemico. Quest’anno sono stati pubblicati due trial, il DAWN (DWI or CTP Assessment with Clinical Mismatch in the Triage of Wake-Up and Late Presenting Strokes Undergoing Neurointervention with Trevo) e il DEFUSE 3 (Endovascular Therapy Following Imaging Evaluation for Ischemic Stroke) che hanno studiato la possibilità di sottoporre a rivascolarizzazione meccanica (la cosiddetta trombectomia) pazienti con ictus ischemico visti per l’ultima volta in buona salute da 16 a 24 ore prima.  I pazienti da trattare sono stati selezionati utilizzando tecniche avanzate di neuroimmagini, ovvero la TC di perfusione o la rM con sequenze in diffusione e perfusione. Quasi il 90% dei pazienti del trial DAWN e circa il 65% dei pazienti del trial DEFUSE 3 avevano un ictus al risveglio o verificatosi in assenza di testimoni, per cui è anche possibile che la reale ora d’esordio dell’evento non fosse così remota rispetto al momento di esecuzione delle neuroimmagini. Entrambi gli studi hanno dimostrato che con queste modalità di indagine è possibile identificare pazienti con “penombra ischemica”anche dopo molte ore dal teorico esordio dei sintomi e che è possibile ricanalizzare le arterie occluse con esito clinico favorevole in circa il 45-50% dei casi.

La cronicità in neurologia

Mario Zappia, Segretario SIN, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università di Catania e Direttore della Clinica Neurologica dell’A.O.U “Policlinico Vittorio Emanuele” di Catania: “Il trattamento delle malattie croniche sarà la sfida sanitaria per i prossimi anni. Ciò comporta un cambiamento di paradigma nell’organizzazione dei sistemi sanitari: da un modello di assistenza centrato sul trattamento delle malattie acute, quale quello che abbiamo avuto nel 20º secolo, a un nuovo modello in cui il trattamento delle malattie croniche dovrà essere al centro delle politiche sanitarie. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha calcolato che i disturbi neurologici e le loro conseguenze colpiscono oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo e, tra vent’anni, rappresenteranno la principale causa di morte e di disabilità. Inoltre, si deve tenere presente che le malattie neurologiche croniche coinvolgono tutte le età della vita, dall’infanzia (Paralisi cerebrali infantili, Epilessia), all’età giovanile (Sclerosi Multipla), alla vecchiaia (Alzheimer, Parkinson). Da questo punto di vista è necessario che i sistemi sanitari adeguino le risorse e i servizi dedicati all’assistenza alle malattie neurologiche croniche in funzione di prospettive temporali pluridecennali. Il punto di partenza organizzativo deve necessariamente essere in linea con quanto previsto dall’articolo 13 della convenzione del 2006 delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che asserisce l’obbligo degli Stati di assicurare alle persone con disabilità parità di accesso ai luoghi, ai trasporti, alle informazioni e alle comunicazioni. Il modello di riferimento dovrebbe essere quello del Chronic Care Model (CCM), un sistema integrato che si occupa non solo del recupero fisico e psicologico, ma che anche stimola le persone a svolgere un ruolo proattivo nel miglioramento della propria condizione.
Negli ultimi anni, il Ministero della Salute ha predisposto il Piano Nazionale della Cronicità, in cui, oltre ad attenzionare aspetti generali condivisibili in tutte le patologie croniche, sono stati predisposti specifici interventi per la cura della Malattia di Parkinson.”

 

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.