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La proteina tau è neuroprotettiva per l’uomo?

Sul numero di febbraio della rivista PLOSone  i ricercatori della Boston University School of Medicine diretti da George Farah hanno pubblicato uno studio su animale, che pone dubbi sul ruolo eziopatogenetico della proteina tau nello sviluppo di malattie neurodegenerative come quella di Alzheimer, classificate infatti come tauopatie a causa dell’accumularsi di questa proteina che forma ammassi simili all’amiloide.

Poiché secondo le ultime ricerche la formazione di tau sembra direttamente correlata a stress concussivi che secondo il NINDS/NIBIB Consensus Meeting del 2015 nell’uomo possono derivare anche da un impatto pari a soli 60 grammi, gli Autori si sono chiesti quale sia il vero ruolo di questa proteina, dato che abbonda nel cervello dei picchi che becchettano i tronchi tutto il giorno provocandosi impatti concussivi continui compresi fra 1.200 e 1.400 grammi, mentre manca in altri uccelli che non presentano questo tipo di comportamento.

Fatte le dovute correzioni interspecifiche e dato che i picchi sopravvivono sulla terra da milioni di anni, si può ipotizzare che abbiano sviluppato un qualche meccanismo che manca all’uomo e che li protegge dalle patologie neurodegenerative correlate ai traumi cui sono cronicamente esposti per la loro specifica natura comportamentale, cosicché l’accumulo di proteina tau rilevato nei loro cervelli sembrerebbe paradossalmente aiutarli a proteggere le cellule cerebrali.

Va comunque considerato che la proteina tau non è di un solo tipo e fra le tante forme finora individuate alcune potrebbero essere effettivamente neuroprotettive e occorrerà quindi verificare quale forma di proteina tau e che ruolo abbia nei diversi esseri viventi, uomo compreso, nel quale finora le si è attribuito soltanto un ruolo patologico.

 

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.