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Una luce sulla rigidità nella malattia di Parkinson

Un’analisi robotizzata ha chiarito i meccanismi di base del sintomo motorio, sottolineando l’importanza della levodopa

La rigidità muscolare è uno dei principali sintomi motori della malattia di Parkinson. Ora un nuovo studio condotto da una collaborazione internazionale di cui fanno parte l’IRCCS Neuromed di Pozzilli, il Dipartimento di Neuroscienze Umane dell’Università Sapienza di Roma e il Dipartimento di Medicina dei sistemi dell’Università di Roma Tor Vergata ha messo in luce i meccanismi che ne sono alla base, distinguendo in particolare quanto di tale rigidità si deve alla componente muscolare e quanto a quella nervosa. A permettere un’analisi così raffinata è stato un sistema robotico, in grado di misurare con precisione il movimento del polso dei pazienti, mettendo in luce le anomalie del long-latency stretch reflex (LLR), un meccanismo che regola la risposta muscolare a stiramenti improvvisi, coinvolgendo sia il midollo spinale sia il cervelletto.

“Grazie a questo approccio innovativo, abbiamo dimostrato che la rigidità dipende dall’LLR, che nei pazienti con Parkinson funziona in modo anomalo”, ha spiegato il professor Antonio Suppa, del Dipartimento di Neuroscienze umane dell’Università Sapienza di Roma e IRCCS Neuromed, coordinatore dello studio.

I risultati forniscono anche nuovi dati sul meccanismo di un farmaco diffusamente utilizzato nel trattamento dei sintomi motori associati al Parkinson come la levodopa. Suppa ha aggiunto:

i nostri risultati mostrano che, mentre le componenti muscolari intrinseche della rigidità, come la viscosità e l’elasticità delle fibre muscolari rimangono invariate, la levodopa riduce la componente neurale, diminuendo la resistenza opposta dai muscoli al movimento. Questo risultato offre una nuova prospettiva sulla modalità d’azione della levodopa e sul suo effetto diretto sul sistema nervoso.”

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.