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sangue laboratorio

Sclerosi multipla, il valore prognostico della proteina sGFAP

Le concentrazioni di proteina fibrillare acida della glia (sGFAP) e/o di catena leggera dei neurofilamenti (sNfL) nel siero sono associate alla progressione della malattia nei pazienti con sclerosi multipla (SM), e possono perciò avere un valore prognostico? La risposta è affermativa, secondo un articolo apparso su “JAMA Neurology”, firmato da Stephanie Meier, dell’Università di Basilea, in Svizzera, e colleghi. Ma La sGFAP è risultata più fortemente associata alla progressione della malattia rispetto alla sNfL, un dato che ha implicazioni cliniche per la gestione dei pazienti e lo sviluppo di nuovi farmaci.

Uno studio prospettico condotto in 8 centri in Svizzera.

I dati sono stati acquisiti nella coorte longitudinale svizzera della SM (SMSC). Lo SMSC è uno studio prospettico multicentrico condotto in 8 centri in Svizzera. Per questo studio nidificato, i partecipanti dovevano soddisfare i seguenti criteri di inclusione: coorte 1, pazienti con SM e disabilità stabile o in peggioramento e punteggi EDSS simili , senza ricadute durante l’intero follow-up; coorte 2, tutti i pazienti dello studio SMSC che avevano iniziato e proseguito il trattamento di deplezione delle cellule B (cioè, ocrelizumab o rituximab).

Sono stati coinvolti 355 pazienti, di cui 103 (29,0%) nella coorte 1 (età mediana, 42,1 anni; 73 pazienti di sesso femminile) e 252 (71,0%) nella coorte 2 (età mediana, 44,3 anni; 156 pazienti di sesso femminile) e 259 controlli sani con un’età mediana di 44,3 anni e 177 individui di sesso femminile (68,3%).

I livelli di sGFAP nei controlli sono aumentati in funzione dell’età (1,5% per anno; p< 0,001), erano inversamente correlati al BMI (-1,1% per unità di BMI; p= 0,01) ed erano più alti del 14,9% nelle donne rispetto agli uomini (p= 0,004). Nella coorte 1, i pazienti con SM progressiva in peggioramento hanno mostrato livelli di sGFAP più alti del 50,9% rispetto a quelli con SM stabile dopo un aggiustamento aggiuntivo di sNfL, mentre l’aumento del 25% di sNfL è scomparso dopo un aggiustamento aggiuntivo di sGFAP.

Una sGFAP più elevata al basale era associata a un’accelerazione della perdita di volume cerebrale della materia grigia (per raddoppio: 0,24% all’anno; p< 0,001) ma non della perdita di materia bianca. I livelli di sGFAP sono rimasti invariati durante le esacerbazioni della malattia rispetto alle fasi di remissione. Nella coorte 2, i punteggi z mediani (IQR) di sGFAP erano più alti nei pazienti che sviluppavano un futuro peggioramento confermato della disabilità rispetto a quelli con disabilità stabile (1,94 vs. 0,71; p= 0,002); questo non era significativo per sNfL.

Tuttavia, l’aumento combinato dei punteggi z di entrambi i biomarcatori ha comportato un rischio da 4 a 5 volte maggiore di peggioramento confermato della disabilità (hazard ratio [HR]: 4,09; IC al 95%: 2,04-8,18; p< 0,001) e di PIRA (HR: 4,71; IC al 95%: 2,05-9,77; p< 0,001).

 

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico