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L’infarto del miocardio aumenta il declino cognitivo a lungo termine?

L’infarto del miocardio è associato a un più rapido declino a lungo termine della cognizione globale, della memoria e della funzione esecutiva. È quanto emerso da uno studio presentato all’American Stroke Association International Stroke Conference, tenutasi dal 9 al 11 febbraio a New Orleans, negli Stati Uniti, da Michelle Johansen, del Johns Hopkins Hospital di Baltimora, e colleghi.

Gli autori hanno condotto una revisione sistematica e metanalisi di sei studi di coorte longitudinali, con un follow-up mediano di 6,4 anni, per complessivi 31.377 soggetti, di età pari o superiore a 18 anni (età mediana di 60 anni al momento della valutazione cognitiva), esaminando in particolare le valutazioni neuropsicologiche in pazienti con eventi cardiovascolari.

Durante un follow-up compreso tra 4,9 e 19,7 anni (mediana di 6,4 anni), 1.047 soggetti hanno avuto un infarto miocardico. Rispetto ai soggetti che non hanno avuto questo tipo di evento, i pazienti reduci da infarto non hanno mostrato un declino significativo in alcuna misura di cognizione subito dopo l’evento, se si tiene conto della demografia e dei fattori di rischio vascolare. Le differenze si sono però evidenziate negli anni, con declini significativamente più veloce nella memoria, nel funzionamento esecutivo e nella cognizione globale.

“È importante sapere che dopo un attacco di cuore il declino cognitivo è un rischio concreto: i medici hanno dunque in carico sia la gestione della malattia cardiaca dei pazienti sia la ricerca di segni di demenza dopo un infarto miocardico”, ha spiegato Johansen. “Per troppo tempo, abbiamo pensato e affrontato le malattie cardiache e cerebrali come due condizioni separate. Sulla base dei risultati del nostro studio e di altre ricerche non credo che saremo in grado di continuare a farlo via via che impariamo di più”.

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico