Alta frequenza cardiaca a riposo aumenta il rischio di demenza
Un’elevata frequenza cardiaca a riposo (RHR) può essere associata a demenza incidente negli adulti più anziani: lo rivela uno studio pubblicato online sulla rivista “Alzheimer & Dementia” da Yume Imahori del Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia, e colleghi.
Gli autori hanno arruolato 2.147 soggetti di età maggiore o uguale a 60 anni, senza demenza al basale e regolarmente seguiti dal 2001-2004 al 2013-2016. La frequenza cardiaca è stata valutata con l’elettrocardiogramma. La demenza è stata diagnosticata secondo i criteri del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (quarta revisione). La funzione cognitiva globale è stata valutata mediante il Mini-Mental State Examination (MMSE). I dati sono stati analizzati utilizzando modelli Cox e lineari a effetti misti.
Dall’analisi dei dati è emerso che, rispetto ai soggetti con frequenza compresa tra 60 e 69 battiti al minuto, quelli con 80 o più battiti avevano un maggior rischio di demenza (hazard ratio aggiustato: 1,55). Anche quando sono stati esclusi i partecipanti con malattia cardiovascolare prevalente e incidente (CVD), si è osservata un’associazione simile tra RHR maggiore o uguale a 80 e punteggio sulla Mini-Mental State Examination. Gli autori scrivono:
Un RHR più elevato è associato a un aumento del rischio di demenza e a un più rapido declino cognitivo indipendente dalla presenza di malattia cardiovascolare in una popolazione generale di anziani. Ulteriori ricerche sono necessarie per confermare i risultati e per esplorare i meccanismi in gioco in questa associazione. Alla fine, tali prove porterebbero a nuove strategie preventive nel campo dell’invecchiamento cognitivo”.