Esposizione al particolato fine e insorgenza della malattia di Parkinson
Negli Stati Uniti si può osservare un’associazione tra il rischio di malattia di Parkinson (PD) e i livelli di particolato con diametro ≤2,5 μm (PM2,5) specifica per ciascuna regione geografica. Lo rivela un’analisi basata sulla popolazione pubblicata sulla rivista “Neurology” da Brittany Krzyzanowski, dell’Università di Washington a St. Louis e colleghi.
L’inquinamento da particolato fine è stato spesso associato al rischio di malattie neurologiche, come demenza e ictus. Tuttavia, finora l’associazione tra inquinamento atmosferico e rischio di PD non è stata determinata in modo rigoroso e dettagliato. Un nuovo contributo a chiarire la questione viene da questo studio sui beneficiari del programma di assicurazione sanitaria americano Medicare, di età compresa tra i 66 e i 90 anni, per i quali erano disponibili dati sul luogo di residenza.
Gli autori hanno calcolato il rischio relativo (RR) corretto per età, sesso, etnia, abitudine al fumo e utilizzo dell’assistenza sanitaria a livello di contea per le analisi geografiche con il PM2,5 come esposizione primaria di interesse.
Tra i 21,6 milioni di beneficiari di Medicare, la PD è stata documentata in 89.390 soggetti nel 2009. È stata riscontrata un’associazione a livello nazionale tra il PM2,5 medio annuo e il rischio di PD, in cui il RR di PD era maggiore del 56% (IC al 95%: 47%-66%) per i soggetti esposti al livello mediano di PM2,5 rispetto a quanto osservato in quelli al livello più basso di PM2,5.
Questa associazione era lineare fino a 13 μg/m3, corrispondente a un rischio maggiore di PD del 4,2% (IC al 95%: 3,7%-4,8%) per ogni μg/m3 aggiuntivo di PM2,5 (p trend < 0,0001).