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Diagnosi precoce della malattia di Alzheimer: EEG e PET a confronto

Due studi appena pubblicati, uno su JAMA Neurology e uno su Annals of Neurology, mettono a confronto due note metodiche non invasive, PET e EEG, per identificare affidabili premarker dello sviluppo di malattia di Alzheimer (MA).

Lo studio dell’Università del Connecticut (Ming-Kai Chen et al. JAMA Neurol. Published online July 16, 2018) si basa sull’impiego di uno specifico radioligando (11C-UCB-J) con cui, tramite PET, è possibile evidenziare in vivo la densità delle vescicole sinaptiche SV2A, essenziali glicoproteine della membrana neuronale.

Ciò consente una previsione dell’outcome non solo del decorso di malattia, ma anche degli effetti delle terapie cosiddette disease-modifying.

Studiando sia pazienti MCI sia con diagnosi di mild MA, si è visto che in questi ultimi la perdita di SV2A era del 28% maggiore a livello dell’ippocampo, mentre nel centro semiovale era pressocchè sovrapponibile fra i due gruppi.

Finora la quantificazione della perdita sinaptica era possibile solo in sede autoptica: questo studio consente per la prima volta di evidenziarla in vivo, indicando come si verifichi a livello del pulvinar dell’ippocampo già nelle primissime fasi di malattia, sia nella mild MA che nella MCI. Gli autori ritengono che la metodica possa diventare un ottimo metodo di imaging non invasivo per la valutazione di un marker precoce come la perdita di SV2A ippocampica, differenziando peraltro il diverso tipo di evoluzione della patologia dementigena a seconda della perdita di densità rilevata.

I ricercatori del Policlinico Gemelli e dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma diretti da Paolo M. Rossini hanno invece pubblicato sugli Annals of Neurology (Vecchio F et al. Ann Neurol 2018 Jul 16) uno studio basato sull’impiego combinato di prelievi ematici seriali per la ricerca dell’apoliproteina E (APOE) e sull’uso di un elettroencefalogramma con valutazione del ritmo alfa tramite analisi matematica dei grafi che si avvale di algoritmi per la rapida computazione dei flussi elettrici neuronali. Fra i primi a usare la valutazione EEGrafica (EEG quantitativo) in associazione a risonanza magnetica in 99 soggetti MCI erano stati i ricercatori del Fatebenefratelli di Brescia diretti da Giuseppe Frisoni che avevano pubblicato nel 2012 uno studio sull’International J. of Alzheimer’s disease secondo cui il rapporto fra onde alfa 2 e 3 è un marker diagnostico differenziale fra MCI di tipo degenerativo e vascolare. Il recente studio romano ha valutato invece 145 pazienti aMCI, cioè con MCI del tipo amnesico, riportando un’accuratezza diagnostica del 92% che propone il nuovo test come metodica genetico/neurofisiologica semplice e di basso costo, facilmente disponibile e poco invasiva, per predire chi andrà incontro a conversione MCI/MA.

In media 1 paziente su 2 converte nel giro di 1-5 anni dalla diagnosi: poterlo prevedere consentirà d’instaurare prima i trattamenti e le necessarie modifiche nello stile di vita, orientando altresì le famiglie verso le gravi scelte imposte dalla diagnosi.

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.