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anziani vitamina D

Più vitamina D nel tessuto cerebrale, meno rischio di demenza

Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Alzheimer’s & Dementia”, livelli più elevati di vitamina D sotto forma di 25(OH)D3 riscontrati nel tessuto cerebrale di soggetti anziani nel corso di un’autopsia sono correlati a un rischio ridotto del 25-33% di sviluppare demenza o decadimento cognitivo lieve.

Tra il 2005 e il 2019, Kyla Shea della Tufts University a Boston, negli Stati Uniti, e colleghi hanno condotto misurazioni ante mortem e post mortem dei livelli di vitamina D in campioni di tessuto cerebrale prelevati da 499 soggetti deceduti che in passato avevano partecipato al Rush Memory and Aging Project (MAP) come adulti residenti in comunità ed erano perciò stati sottoposti a periodiche valutazioni cognitive. Al momento del decesso, avvenuto all’età media di 92±6 anni, un neurologo specializzato ha esaminato tutti i dati clinici disponibili e ha fornito una diagnosi finale di demenza, lieve deterioramento cognitivo o nessun deterioramento cognitivo.

Poiché la conservazione prolungata dei campioni in freezer riduceva i livelli di vitamina D, sono stati esclusi i campioni (N= 207) ottenuti più di sei anni prima del test e quelli mancanti di dati relativi al genotipo dell’apolipoproteina E (APOE) (N= 2). In 270 dei restanti 290 soggetti, hanno potuto accedere a misurazioni ante mortem dei livelli plasmatici di 25(OH)D3 totale circolante, 25(OH)D libero e proteina legante la vitamina D (DBP).

Ilvelli più elevati di 25(OH)D3 sono correlati a un rischio inferiore del 25-33% di sviluppare demenza

Dopo l’autopsia, i neuropatologi hanno valutato il tessuto cerebrale di ogni deceduto alla ricerca di corpi di Lewy, filamenti elicoidali accoppiati neuronali, proteine beta amiloidi, placche neuritiche e diffuse e grovigli neurofibrillari per fornire una sintesi quantitativa della patologia globale della malattia di Alzheimer basata su questi conteggi.

I ricercatori hanno riscontrato che la vitamina D nel cervello si trova nella forma 25(OH)D3 rispetto alle altre forme. Inoltre, i dati raccolti mostrano come livelli più elevati di 25(OH)D3 fossero correlati a un rischio inferiore del 25-33% di sviluppare demenza o decadimento cognitivo lieve all’ultima visita prima della morte (tutti p≤ 0,031). I livelli di concentrazione di 25(OH)D3 sono risultati associati in particolare alle misure di esito per la memoria semantica e di lavoro.

Da rilevare, tuttavia, che livelli cerebrali più elevati di vitamina D non hanno avuto un impatto significativo sugli esiti autoptici neuropatologici post mortem.

 

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico