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Il rischio cardiovascolare associato alle malattie infiammatorie dell’intestino

I pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali (IBD) possono essere a maggior rischio di infarto miocardico (MI), secondo i risultati di un articolo pubblicato sull’International Journal of Cardiology da Fabrizio D’Ascenzo e colleghi dell’Università di Torino.

Lo scopo di questo studio era quello di condurre una revisione sistematica della letteratura pubblicata sul rischio di infarto miocardico (IM) nei pazienti con IBD e di identificare eventuali fattori di rischio potenziali. È noto infatti che i pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono a maggior rischio di trombosi venosa, mentre il loro rischio di eventi ischemici arteriosi è materia di discussione. Il rischio di IM era l’endpoint primario, mentre tutte le cause di morte e di ictus erano endpoint secondari.

Complessivamente sono stati considerati 515.455 controlli e 77.140 persone con IBD (26.852, 34,8% malattia di Crohn, CD e 50.288, 65,2% colite ulcerosa, UC). L’età media era simile tra i controlli e le IBD. Le persone con CD e UC avevano tassi più bassi di ipertensione (14,5% vs. 14,6% vs. 25%), diabete (2,9% vs. 5,2% vs. 9,2%) e dislipidemia (3,3% vs. 6,5% vs. 16,1%) rispetto ai controlli. Il fumo non è risultato significativamente diverso tra i due gruppi (17% vs. 17,5% vs. 10,6%).

I risultati dell’analisi dei dati aggregati dopo aggiustamento delle variabili hanno mostrato che, al termine di un follow-up di 5 anni, sia la CD sia la UC presentavano un rischio maggiore di IM, con HR di 1,36 (IC al 95%: 1,12-1,64) e HR 1,24 (IC al 95%: 1,05-1,46), rispettivamente; di morte, con HR di 1,55 (IC al 95%: 1,27-1,90) e HR 1,29 (IC al 95%: 1,01-1,64), rispettivamente, e di altre malattie cardiovascolari come l’ictus, con HR di 1,22 (IC al 95%: 1,01-1,49) e HR 1,09 (IC al 95%: 1,03-1,15), rispettivamente.

 

Folco Claudi

Giornalista medico scientifico