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cefale adolescenti

IIH: la forma asintomatica precede quella sintomatica

Il risultato emerso da uno studio retrospettivo caso-controllo

L’ipertensione endocranica idiopatica (IIH) sintomatica può essere preannunciata da caratteristiche cliniche e radiologiche meno pronunciate nei soggetti pediatrici affetti da ipertensione endocranica idiopatica asintomatica. È quanto emerso in un articolo pubblicato sulla rivista “Journal of Child Neurology” da Sean Gratton e colleghi dell’Università del Missouri-Kansas city a Kansas City.

L’obiettivo di questo studio retrospettivo caso-controllo era di valutare le caratteristiche cliniche dell’ipertensione endocranica idiopatica asintomatica rispetto a quelle della forma sintomatica nei bambini. I ricercatori si sono concentrati su pazienti di età inferiore o uguale a 18 anni a cui è stata diagnosticata la malattia tra il 2005 e il 2016. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, a seconda che fossero affetti dalla forma sintomatica (cioè con almeno un sintomo correlato all’aumento della pressione intracranica) o dalla forma asintomatica (senza alcun sintomo correlato ad aumento della pressione intracranica). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a rachicentesi, esame del fondo oculare e neuroimaging radiologico alla diagnosi iniziale.

In totale, sono stati identificati 53 soggetti con diagnosi di ipertensione endocranica idiopatica. Di questi, 41 pazienti (77,4%) erano affetti dalla forma sintomatica e 12 (22,6%) dalla forma asintomatica. I sintomi più comuni riportati sono stati cefalea (69,8%), perdita della vista (22,6%), diplopia (20,8%) e acufene pulsante (11,3%).

Rispetto ai pazienti con IIH sintomatico, quelli con disturbo asintomatico erano più giovani al momento della diagnosi (età media 12,54 ± 3,14 anni contro 10,0 ± 5,27 anni), avevano una pressione iniziale più bassa rilevata con la rachicentesi (34,25 vs. 46,24 cm H2O), un minor grado di edema del nervo ottico bilateralmente, minore probabilità di appiattimento del bulbo oculare rilevato nelle immagini di risonanza magnetica (33,3% vs. 46,1%) e una minore dose richiesta di acetazolamide (361,11 vs. 986,88 mg al giorno) per la risoluzione del papilledema.

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.