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neuropatie

Diagnosi, terapie e assistenza per le neuropatie disimmuni

Da un convegno dedicato a queste malattie emerge un quadro positivo

Polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP), neuropatia motoria multifocale (MMN), sindrome di Guillain-Barré (GBS), sindrome di Lewis-Sumner: sono queste le quattro malattie rare del sistema nervoso periferico indicate complessivamente come neuropatie disimmuni. Per esse, il quadro delle cure e dell’assistenza sembra essere, per una volta, di segno positivo. La gran parte dei pazienti infatti risponde bene alle terapie, efficaci nel ridurre i sintomi più invalidanti. Inoltre si arriva alla diagnosi entro pochi mesi, con un netto miglioramento rispetto solo a un decennio fa, grazie a un modello di cura e di assistenza del nostro paese la cui efficacia supera quella diffusa nel continente europeo.

L’istantanea della situazione è stata scattata nel corso del convegno “Neuropatie disimmuni acquisite: un esempio di buona sanità nelle malattie rare”, che si è svolto recentemente a Roma presso il Senato. Nell’occasione, è stata presentata anche la campagna di sensibilizzazione #lenostrestorie, voluta da CIDP Italia Onlus.

“L’ambito delle neuropatie disimmuni acquisite è uno spazio di buona sanità, che ha visto enormi passi in avanti, soprattutto nella riduzione del tempo della diagnosi, grazie all’eccellenza italiana: basti pensare che su 60 centri che compongono la Rete di Riferimento Europea per le malattie neuromuscolari ERN EURO-NMD, ben 14, quindi il 23%, è sul territorio nazionale”, ha spiegato Massimo Marra, presidente di CIDP Italia Onlus. “Questo è un risultato importantissimo che dà il giusto riconoscimento alla scuola italiana del nervo periferico e al suo e nostro lavoro incessante e continuo di informazione, formazione e sensibilizzazione.”

Permangono tuttavia ancora alcune difficoltà nella somministrazione dei farmaci.

“I pazienti affetti da neuropatie disimmuni hanno necessità di fare infusioni ogni mese, per tutta la vita, e queste possono durare anche 5-7 ore al giorno, per 3 o 5 giorni di seguito”, ha concluso Marra. “La maggioranza di loro fa queste infusioni in regime ambulatoriale, con diversi conseguenti disagi: perciò abbiamo chiesto al Ministro della Salute se questo fosse il regime appropriato. La risposta è arrivata con i nuovi LEA, che considerano appropriati i day hospital terapeutici per le infusioni di durata superiore a un’ora. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle Regioni non si è ancora adeguata”.

Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.